Salute & Benessere. Banane e tennis: è utile mangiare durante la partita?

Salute & Benessere. Banane e tennis: è utile mangiare durante la partita?

Salute & Benessere. Rubrica fissa su temi di interesse medico a cura del Dott. Accursio Miraglia

Banane e tennis: è utile mangiare durante la partita?

Il primo a farlo fu Michael Chang, durante il leggendario match che disputò contro l’allora numero 1 del mondo, Ivan Lendl, al Roland Garros del 1989.

La partita si protrasse fino al quinto set e Chang, assalito dai crampi, cominciò, tra lo stupore generale, a mangiare banane.

Ma perché il cinese mangiò proprio le banane? Chang, che alla fine vinse, spiegò di aver mangiate le banane perché questi frutti sono un’importante fonte di sodio e di potassio.

Soprattutto con le alte temperature, infatti, quando si pratica un’attività fisica intensa e prolungata, il corpo perde sali minerali, che ha bisogno di reintegrare per mantenere delle buone prestazioni atletiche.

I 22 minerali presenti nel corpo umano rappresentano circa il 4% del peso corporeo, non possono essere sintetizzati dall’organismo, che li può assumere solo attraverso il cibo, ed intervengono praticamente in tutte le funzioni fisiologiche, alcune delle quali vitali, come il “trasporto” dell’ossigeno alle cellule.

Ma è corretto mangiare durante l’attività fisica per sopperire ad una carenza di sali minerali? E, soprattutto, è realmente utile?

Becky Stevenson, services manager della Lawn Tennis Association’s sports nutrition sostiene, come molti altri, che per ottenere energia dalla banana occorre che questa prima sia digerita.

Perché un alimento venga digerito occorre che del sangue si indirizzi verso il sistema gastrointestinale, perché è proprio il sangue che “raccoglie” i nutrimenti, digeriti ed assimilati dallo stomaco e dall’intestino, portandoli poi dove occorre.

Ma mentre si sta giocando un match, ha senso spostare il sangue dai muscoli, impegnati in una prestazione sportiva, per dirottarlo verso l’apparato gastrointestinale?.

Perché mangiare la banana significa, innanzitutto, proprio deviare il flusso del sangue verso lo stomaco e l’intestino, sottraendolo ai muscoli, che però sono impegnati allo spasimo per fornire il massimo della performance.

Ma sottrarre del sangue ad un muscolo che sta lavorando al massimo delle sue possibilità rischia di causare proprio quei crampi che si vorrebbero evitare mangiando la banana mentre si gioca a tennis.

Qualunque cibo in forma solida si assuma durante una partita, peraltro, non sarà mai digerito in modo corretto in breve tempo e non farà altro che depositarsi nello stomaco, senza nemmeno alzare il tasso glicemico nel sangue.

Il miglior consiglio di Becky Stevenson, assolutamente condivisibile, è quello di assumere le sostanze nutritive elementari sotto forma di integratori in forma liquida, che praticamente non richiedono fase digestiva, in modo che siano immediatamente biodisponibili.

Se si vuole consumare una banana, lo si deve fare almeno un’ora prima della prestazione fisica o, ancora meglio, dopo l’incontro agonistico, per reintegrare.

E tennisti anche molto celebri come Rafael Nadal che mangiano banane nelle pause dei match? I numeri dicono che hanno ragione, ma la fisiologia dissente.

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Pubblicato da Accursio Miraglia

Accursio Miraglia, nato a Sciacca il 27-12-68 Nel 1994 Laurea con Lode in Medicina e Chirurgia, Università Cattolica del Sacro Cuore (Roma – Policlinico Gemelli) Nel 1998 Specializzazione con Lode in Medicina Fisica e Riabilitativa (Fisiatria), Università di Tor Vergata (Roma) Dal 1998 al 2006 partecipa a numerosi corsi di aggiornamento organizzati dall’Accademi Italiana di Medicina Manuale Dal 1998 al 1999 Assistente medico, responsabile area riabilitativa Casa di cura "Villa Fulvia", Roma Dal 1999 ad oggi Direttore Sanitario del Centro di Educazione Psicomotoria s.r.l, centro di fisioterapia accreditato presso il SSN Dal 2009 è consulente tecnico d'ufficio presso il Tribunale di Sciacca e gli uffici del Giudice di pace di Sciacca, Menfi e Ribera. Dall’anno accademico 2014-2015, professore a contratto presso la Scuola di Specializzazione in Medicina Fisica e Riabilitativa dell’Università di Roma “Tor Vergata”. Dal 2015 ricopre il ruolo di docente presso il “Corso-Teorico pratico di Medicina Manuale” organizzato dalla SIMFER (Società Italiana di medicina Fisica e Riabilitativa) con la collaborazione Società Italiana di Medicina Vertebrale (MEDVERT) e le Università “la Sapienza” e Tor Vergata” di Roma.