Dopo lo smottamento causato dai Popolari per l’Italia (PI): Mario Mauro (approdato al Gal) e Tito Di Maggio (verso l’approdo tra i fittiani) che hanno annunciato l’uscita dalla coalizione di governo, i numeri della maggioranza sono sempre più risicati a Palazzo Madama. Angela D’Onghia, sottosegretario all’Istruzione, invece, pur lasciando PI ha annunciato che non si dimetterà, continuando a sostenere l’esecutivo.
Matteo Renzi quindi per rattoppare una maggioranza in bilico al senato, corre ai ripari, chiedendo il soccorso all’amico Denis Verdini, l’ormai ex azzurro della Toscana, è in procinto di lasciare Forza Italia. Quindi operazione ormai obbligata per il presidente del Consiglio. Soprattutto dopo il risultato negativo delle Regionali, che, rinvigorendo la minoranza dem, rischia di mettere in pericolo il cammino della riforma costituzionale e della “buona scuola”.
Al Senato, dopo le ultime di “calciomercato”, Renzi può infatti contare su appena 9 voti di scarto sempre se il PD votasse compatto, impresa al momento difficile se non impossibile, visto il braccio di ferro in atto con l’opposizione interna, decisa più che mai a presentare il conto ad un Renzi per la prima volta in difficoltà dopo i 2 milioni di voti persi alle Regionali. Il soccorso dell’amico Verdini custode del Patto del Nazareno, a questo punto diventa indispensabile.
Verdini , dovrebbe presentare un nuovo gruppo a Palazzo Madama, autonomo da Forza Italia e, ovviamente, filo renziano. A comporlo, 4-5 senatori azzurri pronti a seguirlo, insieme a Sandro Bondi e signora, la senatrice Manuela Repetti. Il resto, per arrivare alla soglia dei 10 componenti necessari per dare vita ad un gruppo al Senato, attingendo tra gli attuali iscritti al gruppo Gal. Questa operazione porterebbe a 19 i voti di scarto con la maggioranza che ritroverebbe la tranquillità.
Tutto a posto? Ma manco per niente. Perché per dieci verdiniani in ingresso, altrettanti se non di più, sarebbero pronti a lasciare la maggioranza per tornare con Berlusconi. Silvio, come suo stile, vorrebbe sentire personalmente uno a uno tutti, sia i verdiniani, che i fittiani ma soprattutto i parlamentari del Ncd di Angelino Alfano. Per fare decollare il progetto berlusconiano, ci sarebbe una nuova associazione, “I Repubblicani”, con il ritorno sulla scena dell’ex capogruppo leghista alla Camera, Marco Reguzzoni che, in accoppiata con Nunzia De Girolamo, ex presidente dei deputati del Nuovo Centrodestra che non ha mai nascosto i suoi propositi di vendetta per il defenestramento subito, ha annunciato l’impegno a riunire i partiti dell’area moderata. Il battesimo del nuovo soggetto si è svolto a Milano e l’obiettivo dichiarato è quello di «formare una confederazione di forze politiche». Che, tradotto, significa rimettere insieme Lega Nord, Forza Italia e un pezzo del Ncd, un accozzaglia di «tutti contro tutti», ma in grado di far saltare il governo.
Ma cosa bolle in pentola? Fonti ben informate dicono che Renzi non gode più dell’appoggio di chi l’ha messo li. Ed a ben vedere i segnali ci sono tutti.
Se uno come Andrea Orlando, sempre attento e ligio, una mattina si alza e piccona Matteo Renzi, è segno che qualcosa è cambiato. Se Orlando, che è stato più volte duramente attaccato da Renzi che lo ha definito troppo timido, all’improvviso parla col piglio dello statista, qualcosa si muove.
La stessa area si respira dentro le correnti non renziane, ma che fin qui hanno supportato il rottamatore, si sa, i primi a “leccare”, sono anche i primi ad abbondare la nave al primo venticello. Ormai Renzi è visto come lui vedeva Enrico Letta quando ha iniziato la scalata al suo partito. L’uscita di Orlando è dunque il primo segnale di allarme. che peraltro rassicura chi tiene in piedi il governo per paura di tornare alle urne, perchè le elezioni anticipate non spaventano troppo, visto che al momento sarebbe in vigore il Consultellum, e non l’Italicum ed il Senato…. salvo.
La Redazione di Fatti&Avvenimenti.