Trump contro la Germania (e l’UE) della Merkel: Dalla NATO ai dazi al Gatestone Institute

Trump contro la Germania (e l’UE) della Merkel: Dalla NATO ai dazi al Gatestone Institute

La Germania di Angela Merkel – sostanzialmente a capo dell’UE – è diventata il nuovo obiettivo di Trump e dei suoi da un paio di mesi, una sottile “guerra sotterranea” diplamatica e non solo che però funge da cartina di tornasole per capire cosa è il governo del Tycoon

Che il giudizio del Tycoon – e di chi lo sostiene – verso la Germania di Angela Merkel non fosse dei migliori era palese, bastava pensare all’incontro tra i due avvenuto agli inizi di marzo 2018, quando il Cancelliere tedesco fece visita al Presidente USA e nella stanza ovale le fu ignorata pesantemente la richiesta di una canonica stretta di mano davanti ai fotografi. Qui sotto il video riportato dal TIME.

L’azione di Trump certo non si è limitata a questo.

Risale ad appena una settemina fa l’ultimo dei molti attacchi di Trump ai Paesi del Patto Atlantico. Proprio in quest’ultima occasione il Tycoon non ha lesinato l’attacco all’omologa tedesca, scrivendole una dura lettera – come riportato dal New York Times –  dove l’ha accusata di “minare la sicurezza dell’alleanza atlantica” e di essere un pessimo esempio per gli altri Paesi alleati, promuovendo l’idea che sia possibile non rispettare gli impegni economici che ogni alleato della NATO deve sostenere rispetto alle spese militari.

“E’ sempre più difficile – ha scritto il tycoon alla Merkel – giustificare agli americani il perché alcuni Paesi non condividono il peso della sicurezza nella Nato, mentre i soldati americani continuano a sacrificare le loro vite all’estero o a tornare a casa gravemente feriti”.

Un linguaggio chiaro ed inquivocabile che non solo lascia comprendere quanto Washington e Berlino siano ad oggi lontane, ma che secondo New York Times lascia anche sospettare che il Presidente voglia attuare un riposizionamento della forza militare americana nel mondo.

Ma non solo.

I dazi commerciali sono un altro strumento di pressione che Trump sta attuando verso quelli che sono stati dall’inizio della sua campagna elettorale nel 2017 le nazioni “negative” per l’America, ovvero Cina e Germania. In questo senso, celebre è la frase di Trump: “Quante Chevrolet circolano tra i tedeschi?”, vedendo la Fifth avenue stipata di Mercedes-Benz.

Così i dazi sono arrivati. Per primi quelli sull’export dell’Ue di acciaio e alluminio negli Usa, di cui – manco a dirlo – la Germania è leader con un valore di quasi 1 miliardo di euro nel 2017, oltre tre volte in più rispetto ai francesi, cosa che fa ben comprendere a chi lo schiaffo di tali dazi sia stato dato.

E allora, mentre a inizio giugno Martin Schulz chiedeva la sostituzione dell’ambasciatore USA a Berlino Grenell quale “caso a sé nella diplomazia internazionale” per aver pontificato sull’austriaco Sebastian Kurz, e Angela Merkel restava imbarazzantemente muta, Trump al G7 di qualche giorno dopo non avrebbe firmato un bel nulla, minacciando anzi nuovi dazi e facendo questa volta rispondere la Merkel tramite il ministro degli Esteri tedesco Heiko Maas con un lapidario: “distrutta la credibilità del G7”.

Adesso la Guerra Commerciale è cominciata tra le rimostranze del WTO (World Trade Organization), con dazi al 25% imposti dagli USA su 818 prodotti importati dalla Cina per un valore di 34 miliardi di dollari, Xi Jinping annuncia vendetta e cerca sponda favorevole tra Europa e Russia. In tutto ciò il governo tedesco viene scavalcato senza ritegno da Trump che dopo aver minacciato dazi sull’importazione di auto europee e tedesche, ha dato mandato al discusso ambasciatore Richard Grenell, di incontrare le delegazioni dirigenziali delle principali case automobilistiche tedesche, e sembra sia già sul tavolo l’idea di un TTIP light che dovrebbe riuscire a fermare i dazi sul settore automotive europeo – a riferirlo è il giornale tedesco Handelsblatt. Inoltre il giorno prima Grenell ha incontrato anche – come riferisce il quotidiano in lingua inglese Politico – i vertici della Camera di Commercio e dell’Industria tedesca per proporre alle piccole e medie imprese ad abbandonare il mercato iraniano – altro terreno caldo dove l’Europa si è contrapposta allo strappo di Trump rispetto all’accordo sul nucleare di Obama – in cambio di condizioni più favorevoli in quello statunitense.

A questo la Merkel sta rispondendo abbozzando, cercando però in maniera palese una distensione ed un intesa che possa far bene ai mercati – cosa che effettivamente è avvenuta sulle borse di tutta Europa -, lo scorso venerdì la Merkel si è detta infatti pronta ad avviare un negoziato per una riduzione delle tasse sulle automobili con l’obiettivo di disinnescare la guerra commerciale tra l’Unione europea e gli Stati Uniti. Martin Wansleben, della Camera dell’Industria e del Commercio tedesca (Dihk) avrebbe infatti dichiarato: “meglio discutere di abbassare le tasse piuttosto che continuare l’escalation”.

“E non finisce qui”, avrebbe detto il buon Corrado.

Tra le tante leve che, sembra, vengano utilizzate dal governo Trump o da suoi sostenitori contro la Merkel, c’è l’informazione, tra cui ad esempio, il famigerato Gatestone Istitute, che vede nell’immigrazione – soprattuto islamica – un pericolo per l’esistenza stessa dell’Occidente.

Il Gatestone è un think tank molto influente di destra USA e apertamente filo-israeliana. Molte testate internazionali lo accusano come produttore di Fake News anti-musulmani ed anti-immigrazione, ma il più delle volte tali accuse non si dimostrano proprio ben fondate. In effetti sarebbe più corretto dire che il Gatestone, è fazioso o meglio: “schierato”, ma “sta anche nel gioco” essendo un think tank e non un giornale. Per dirla brevemente fa la stessa cosa di molte testate italiane di sinistra quando parlano di “ritorno del fascimo in Italia e in Europa”, solo che il Gatestone da destra e su posizioni assai conservatrici, lo fa verso immigrati e musulmani.

E’ da mesi, precisamente da dopo marzo 2018, infatti che il Gatestone non si limita più a pubblicare articoli contro l’immigrazione clandestina in Europa e contro le comunità islamiche che vi risiedono o si stanziano, ma ha alzato il tiro verso il governo e le autorità tedesche: si è passato infatti da pochi articoli come “Germany: The Rise of Islam” scritto peraltro dal giornalista italiano de Il Foglio Giulio Meotti, a articoli di altro tenore come “Germany: Return of the Stasi Police State?“, “Germany: Full Censorship Now Official“, “Germany’s Migrant Rape Crisis: Failure of the State“, “Germany’s Migrant Policy: Why Trump was Right“, e l’ultimo con l’ulteriore accusa di censura e tentata censura “Germany: ‘Decapitating’ Freedom of the Press?“.

Ma in che modo il Gatestone Istitute ed il Governo Trump sarebbero vicini o collegati? Grazie all’attuale Consigliere per la sicurezza nazionale John R. Bolton, nuovo uomo chiave – già inviato a Londra a rinsaldare l’amicizia col Regno nel clima BREXIT – , nominato dal presidente Donald Trump, uno degli uomini più preparati dell’amministrazione USA, il falco repubblicano.

Bolton è stato infatti presidente – adesso non più – del Gatestone Istitute dal 2013 al marzo 2018. Ma non solo. L’avvocato Bolton prestò servizio anche nelle amministrazioni del presidente Ronald Reagan e del presidente George H. W. Bush. Dal 2001 al 2005 è stato sottosegretario di Stato per il controllo degli armamenti e la sicurezza internazionale, dal 2005 al 2006 è stato invece rappresentante permanente degli Stati Uniti presso le Nazioni Unite.

Per intenderci, Bolton è uno che nel 1994 ha affermato: “Le Nazioni Unite non esistono. Esiste solo la comunità internazionale che, occasionalmente, può essere guidata dalla sola vera potenza rimasta nel mondo, gli Stati Uniti”. Sostenitore della Brexit almeno quanto Trump stesso, non è per nulla un ammiratore dell’Unione Europea, considerata un luogo di “masticazione diplomatica senza fine”.

Diversi sono stati i suoi successi – almeno dal canto suo e per la sua parte politica – in campo internazionale. Bolton si vanta infatti di aver fortemente contribuito alla cancellazione nel 1991 della risoluzione ONU numero 3379 del 1975 con la quale si affermava che “il sionismo è una forma di razzismo e di discriminazione razziale”. A Bolton si deve ancora il successo della Proliferation Security Initiative, l’alleanza multilaterale dei Paesi intenti a fermare la corsa alle armi di sterminio da parte degli Stati Canaglia, in questa organizzazione figurano tra i membri anche Germania, Francia e Italia. Sempre a lui si deve la rinuncia degli Stati Uniti alla Corte penale internazionale che definì come “il prodotto di gente dalla mente confusa, un’idea non solo ingenua, ma pericolosa”, ed al Wall Street Journal, aggiunse che aver firmato la lettera con cui annunciava il “no” americano al Trattato istitutivo della Corte “è stato il momento più felice del mio servizio al governo”.

E non è ancora finita. L’attuale Consigliere per la sicurezza nazionale John R. Bolton è stato anche vicepresidente dell’American Enterprise, il centro studi che ha preparato le politiche che sarebbero state poi attuate dall’amministrazione Bush Junior, e anche condirettore del Project for a New American Century, un istituto di ricerca con sede in Washington accusato di aver in qualche modo “pianificato” la guerra in Iraq. E’ inoltre ricordato per aver supportato James Baker nella Prima Guerra del Golfo a formare la coalizione internazionale per intervenire nel Kuwait contro Saddam Hussein.

Di Bolton Alberto Flores d´Arcais su La Repubblica, in merito al suo incarico da rappresentante USA all’ONU, ha scritto: “Per ironia della sorte, alle Nazioni Unite il lavoro del “falco” Bolton era stato apprezzato proprio dalle diplomazie dei paesi che inizialmente più lo avevano temuto, come gli alleati-nemici Germania e Francia, la Cina e la Russia, che gli hanno riconosciuto indubbie capacità di lavoro e di (inaspettata) mediazione”.

Insomma, il governo di Angela Merkel e le politiche tedesche – e dell’UE, viste come una prosecuzione delle prima citate – nella visione di Trump sembrano essere tornate ad essere quelle di un alleato-nemico, e da qualche mese tale visione gode evidentemente dell’appoggio di un vecchio e capacissimo falco come Bolton e di chi gli è vicino. Vedremo se alla fine quest’ultimo si farà nuovamente ed inaspettatamente apprezzare.

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Sean Gulino

Pubblicato da Sean Gulino

Nato a Partinico (PA), ma saccense. Ha sempre vissuto a Sciacca, dove fin da giovanissimo si è appassionato alla politica locale. Scrive da quando aveva 17 anni, scrive di tutto perché "così è giusto che sia". Ha scritto principalmente per il giornale ControVoce di Sciacca e per il Blog Fatti&Avvenimenti, ma suoi articoli sono apparsi anche sui quotidiani La Valle dei Templi.net, LinkSicilia (MeridioNews), La Voce di New York e tanti altri giornali agrigentini, regionali, nazionali ed internazionali. Da Gennaio 2017 è corrispondente italiano per la rivista francese Lumieres Internationales Magazine. Scrittore a tempo perso. E' anche uno studente di Giurisprudenza. Coltiva da anni la passione della musica e del canto ed ha una sua band. Non chiedetegli cosa voglia fare da grande, perché non lo sa.