Leggi dell’antimafia: Italia non più Repubblica, ma Regno Borbonico

Leggi dell’antimafia: Italia non più Repubblica, ma Regno Borbonico

Oramai la miscela velenosa e micidiale del fanatismo dell’Antimafia, dell’asinità e della viltà di legislatori, magistrati e professori, con il contorno complice di avvocati senza coscienza giuridica e amor proprio professionale e saldezza morale sta distruggendo le radici stesse, i principi fondamentali del nostro diritto penale e non solo.

C’è una regressione che porta la vita delle nostre istituzioni giuridiche, del nostro sistema processuale ad epoche di servitù e di divisione del nostro Paese, addirittura all’epoca pre-illuminista.

Il nostro diritto penale, in nome della lotta alla mafia, alla corruzione, alla violenza, etc. etc. non è degno di una Repubblica democratica, ma di un regno Borbonico, di uno Stato Pontificio.

Di fronte a questa devastazione non è certo di qualche efficacia difensiva la Corte Costituzionale, che, anzi, oramai riflette nell’immiserimento del suo ruolo il carattere grettamente partigiano e scambistico assunto dall’elezione dei suoi membri.
Anzi, la Corte Costituzionale “ci mette del suo” in questo “adeguamento” del diritto e della giustizia alle presunte “esigenze” delle conclamate emergenze, alibi di ogni baggianata.

E’ recentissima la sentenza della Consulta che ha stabilito che per portare avanti il procedimento di “prevenzione antimafia”, non è necessario che colui che vi è sottoposto sia in condizione di intendere e di volere, in quanto la sua partecipazione non serve al tipo di procedimento in questione.

La bestialità di questa affermazione dei “tutori delle nostre libertà costituzionali” è evidente ed anzi, in essa è riscontrabile la prova dell’ipocrisia e delle falsità del carattere di “prevenzione”. Al contempo, confermato invece il carattere sanzionatorio e punitivo dell’indizio (che, intanto, l’immediatezza di provvedimenti rovinosi, quali il sequestro immediato dei beni in danno degli indiziati di essere indiziati) esclude il valore della presenza e della partecipazione a quello che dunque è un procedimento punitivo.

Questi signori non hanno infatti nemmeno il senso del ridicolo. Parlano di misure di prevenzione nei confronti di un infermo di mente. Se le parole hanno un senso, significa impedire che il matto, l’imbecille, diventi mafioso. Se è matto, cerebroleso, c’è poco da prevenire. Ed allora è ancor più evidente che si tratta di un procedimento punitivo, con la punizione della confisca dei beni.

Confisca esclusa già nell’800 dal novero delle pene dei paesi civili. Ed al contempo, mentre si fa sfoggio di motivazioni dell’indizio-reato di mafiosità, si afferma che il principale attore di ogni processo, l’imputato, non abbia ragione di parteciparvi e se è uno scimunito, peggio per lui (e per i suoi eredi, i suoi dipendenti, la sua famiglia…) tanto si tratta di accertare solo un indizio…!!!

L’impudenza di tale affermazione di principio è evidente.
Ma sarebbe da riempire volumi del prodotto mentale di questi scienziati del “diritto di lotta”, i nuovi vandali del diritto (alla faccia dei quegli imbecilli di nostra conoscenza che, magari, “marciano” per lo Stato di diritto e fanno i tirapiedi di Orlando!).

Prima o poi riusciremo a trovare chi sappia e voglia mettere assieme questa antologia.  Ma non posso fare a meno di riferire un episodio appreso di recente.

Esiste a Palermo un Associazione di vittime di “misure di prevenzione antimafia”, associazione che ha avuto cura, probabilmente a torto, di escludere tutti colore che hanno subìto condanne penali per reati di mafia o abbiano processi in corso. Solo indiziati ed ex indiziati, indiziati di essere indiziati. Il Procuratore della Repubblica di Palermo, Lo Voi, deponendo alla Commissione Parlamentare Antimafia, ha riferito che I MAFIOSI si stanno organizzando contro le misure di prevenzione. Se pure fossero stati vittime di torture, vittime non succubi dell’Antimafia, Lo Voi li avrebbe definiti “camorristi”. E “camorrista” definirebbe Tortora.

Sono, per questo dott. Lo Voi (quello che fece una fulminea smentita delle intercettazioni telefoniche di Crocetta che sbraitava contro la Borsellino…) “mafiosi” gli indiziati. Colpevoli di essere indiziati, quindi colpevoli di ciò che l’indizio inviterebbe a verificare.
Ammirevole la disinvoltura e chiaro il senso della sua funzione.

Ma è possibile che di fronte a tutto ciò non si sollevi la protesta, la rivolta di tutte le persone ragionevoli, civili? Che significa democrazia, libertà, se tolleriamo questo scempio???

by. Mauro Mellini

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Mauro Mellini

Pubblicato da Mauro Mellini

Eletto deputato nel 1976, ha combattuto le più note battaglie radicali per poi allontanarsi dal partito alla fine degli anni ottanta in concomitanza con la scelta del Partito Radicale di trasformarsi in soggetto transnazionale e di non partecipare più a competizioni elettorali italiane. Successivamente ha ricoperto il ruolo di componente del Consiglio Superiore della Magistratura. Editorialista e saggista, è autore di numerosi scritti, in cui con vena polemica indaga sulle storture della legge. Il suo testo più noto è Così annulla la Sacra Rota (Samonà & Savelli), che contribuì fortemente all'approvazione della legge sul divorzio. Nel 2006 ha fondato insieme ad Alessio Di Carlo il periodico on line GiustiziaGiusta, dedicato ai temi della giustizia in chiave garantista. È stato ed è uno dei primi e più strenui difensori del garantismo, a partire dal celebre caso Enzo Tortora.

4 Risposte a “Leggi dell’antimafia: Italia non più Repubblica, ma Regno Borbonico”

  1. MA CHI SCRIVE LO SA CHE NEL REGNO BORBONICO FU INVENTATO L’OBBLIGO DELLA MOTIVAZIONE DELLA SENTENZA???? ED il sistema giudiziario meridionale è stato riconosciuto da molti studiosi come il più avanzato dell’Italia pre-unitaria, in linea con la grandissima scuola napoletana del diritto. Ed è ap-pena sufficiente consultare, presso l’Archivio di Stato di Napoli – fondo Archivio Borbone – la «Collezione delle Leggi e de’ Decreti Reali del Regno delle Due Sicilie», per rendersi conto della mo-dernità e dell’elevato livello di civiltà giuridica che caratterizzavano l’Ordinamento duosiciliano

  2. Sin dal 1774, era stato introdotto nell’impianto processuale borbonico l’obbligo della Motivazione delle Sentenze, in linea con le teorie illuministe del giurista napoletano Gaetano Filangieri (1753-1788); ed, allorquando la tortura giudiziaria vigeva ancora con tutta la sua ferocia nel cosiddetto li-berale Piemonte, le leggi borboniche già da un pezzo l’avevano vietata. Era stabilito, inoltre, che la corrispondenza privata non potesse venire in alcun modo manomessa e che non fosse lecito impri-gionare un povero debitore senza un giudizio di merito che ne avesse accertato la frode e le relative responsabilità……

    1. Come vede approviamo tutto. Nel merito, prendiamo atto della sua “preparazione” sul Regno Borbonico, ma l’articolo verte su sutt’altro tema, il suddetto Regno è appena citato per non essere una democrazia, infatti era una “Regno” con un RE e non una Repubblica.

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