Crocetta: Non mi dimetto, sono un combattente. Ma il PD ha deciso: a casa

Crocetta: Non mi dimetto, sono un combattente. Ma il PD ha deciso: a casa

Faraone-CrocettaIn Sicilia le situazioni mutano in un battito di ali. Si inizia con la fantomatica intercettazione telefonica di Tutino con l’orribile frase sulla Borsellino, smentita e riconfermata dalle parti a più riprese, che aveva portato il presidente, prima alla auto-sospensione e poi alle quasi dimissioni. Il PD in quel frangente, era venerdì, con il segretario regionale Fausto Raciti dichiarava: “Non ci sono ragioni per interrompere la legislatura” e Lumia, Senatore PD e presidente dell’antimafia, parlava di “golpe” ed invitava pubblicamente Crocetta a continuare il suo mandato.

Ma le cose cambiano in fretta, ieri sera in una rinione dei vertici del PD il segretario Raciti, il capogruppo all’Ars Antonello Cracolici, il neo assessore alla Sanità Baldo Gucciardi, designato vicepresidente, e il sottosegretario Davide Faraone, hanno delineato la nuova road map che porta alla fine anticipata del governo Crocetta . Ma il Pd intende condividere con il presidente la decisione, quindi è in attesa del ritorno a Palermo del governatore barricato da due giorni nella sua casa di Castel di Tusa.

Ma Crocetta ha fatto sapere che non ha intenzione di abdicare è anzi in mattinata alza le barricate: “Non mi dimetto, sono un combattente e un combattente muore sul campo. Se lo facessi la darei vinta ai poteri forti. Mi sfiducino se vogliono, così si renderanno complici dei golpisti e passeranno alla storia come coloro che hanno ammazzato il primo governo antimafia della storia siciliana” e per rendere il piatto più gustoso, aggiunge: “Qualcuno ha voluto mettere a segno un golpe, volevano determinare le mie dimissioni o il mio suicidio. E trovo assurdo che organi istituzionali abbiano espresso giudizi senza fare le dovute verifiche con la Procura”.

In realtà la sorte del governatore appare segnata. Ieri Davide Faraone, sottosegretario all’Istruzione e uomo di Renzi in Sicilia, è intervenuto con frasi che non lasciano spazi a compromessi: “In Sicilia c’è una situazione molto pesante: c’è un problema politico e una situazione grave dal punto di vista economico di cui ancora non si è avvertita l’entità e la valenza e c’è una classe dirigente che rischia di non essere all’altezza di questa grave situazione economica”. Per questi motivi, ha concluso il sottosegretario, “se si è all’altezza di andare avanti, bene. Se no, si va a votare e si dà la possibilità ai cittadini di avere una classe dirigente adeguata”.

La situazione ha preso questa drastica piega, dopo le parole di Manfredi Borsellino, fratello di Lucia e figlio del giudice ucciso dalla mafia esattamente 23 anni fa.

“La lettera di dimissioni di mia sorella – ha detto ieri il secondo dei figli di Paolo Borsellino davanti al presidente della Repubblica Sergio Mattarella – accolta da un silenzio sordo delle istituzioni regionali, dice già tutto, indipendentemente dalle indiscrezioni giornalistiche. Non credevo che la figlia con cui mio padre viveva in simbiosi, con cui dialogava anche solo con lo sguardo, dopo 23 anni dalla morte del padre, dovesse vivere un calvario simile, nella stessa terra che ha elevato mio padre suo malgrado a eroe”. Parole pesanti definitive, detto da uno con un cognome pesante, un macigno irremovibile sulla credibilità dell’attuale governo regionale. E qui il Pd siciliano non ha potuto girare la testa dell’altro lato e gioco forza ha dovuto rivedere le proprie valutazioni sul futuro della legislatura.

Per martedì è già stata convocata una seduta dell’Assemblea regionale siciliana, di fronte alla quale Crocetta dovrà riferire le sue, più o meno spontanee, decisioni. Sarà questa l’ultima puntata?

 

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